Lettera di Natale al Presidente della Regione
Indicatori demografici, occupazione, numero di imprese, reddito pro capite, case sfitte,…..: ogni volta che vengono pubblicati dei dati l’appennino compare in fondo alla lista con numeri sempre negativi. In particolare, i comuni con la “V” iniziale (Ventasso, Vetto, Villa Minozzo) occupano costantemente gli ultimi posti. Gli allarmi si susseguono da decenni ma ogni giorno il declino avanza e diventa sempre più difficile fermarlo.
(1) L’indice di vecchiaia misura il numero di anziani (65 anni e oltre) presenti in una popolazione ogni 100 giovani fino a 14 anni permettendo di valutareil livello di invecchiamento degli abitanti di un territorio. Valori superiori a 100 indicano una maggiore presenza di soggetti anziani rispetto ai molto giovani. Con un indice di vecchiaia di 187,9 l'Italia è il paese più vecchio in Europa. I valori di questo indice in appennino sono molto al di sopra della media nazionale, Vetto, Ventassoe Villa Minozzo hanno valori eccezionalmente elevati.
I dati sono impietosi e ci segnalano che i tre comuni con la “V” hanno ormai raggiunto il cosiddetto “punto di non ritorno” ovvero la soglia oltre la quale questi enti non sono più in grado di invertire – con le proprie risorse umane – il declino demografico. La natura, il verde, la tranquillità, la qualità dell’aria e dell’acqua sono graditi ma non bastano a trattenere o ad attrarre in modo permanente giovani e famiglie: è con questa realtà che occorre fare i conti.
L’emergenza della nostra provincia è l’alto appennino e la priorità assoluta per fermare il declino del crinale è creare lavoro per consentire la permanenza ed il radicamento di popolazione nel territorio.
Non ci sono indagini mirate ma il contributo delle poche aziende private che operano sul territorio appare di gran lunga più efficace dell’insieme degli interventi pubblici (dalle iniziative del Parco nazionale ai contributi per il trasferimento di nuclei familiari in appennino,…). L’occupazione creata da E80 Group (per ultima la recente iniziativa con Gor.Far a Carpineti) è l’esempio più evidente.
Per affrontare una situazione eccezionale come quella del nostro alto appennino la normale amministrazione non basta: servono interventi eccezionali.
In primis l’attuazione dell’art. 14 della “legge sulla montagna” che recita testualmente: “Il CIPE e le Regioni emanano direttive di indirizzo tendenti a sollecitare e vincolare la pubblica amministrazione a decentrare nei comuni montani attività e servizi dei quali non è indispensabile la presenza in aree metropolitane, quali istituti di ricerca, laboratori, università, musei, infrastrutture culturali, ricreative e sportive, ospedali specializzati, case di cura ed assistenza, disponendo gli stanziamenti finanziari necessari.” In Emilia Romagna c’è un buon numero di enti/società/fondazioni regionali tra Vigilati, Partecipati e Controllati dei quali non è indispensabile la presenza in aree metropolitane e che potrebbero essere trasferiti in aree montane alleggerendo l’asse della via Emilia ad alta densità abitativa ed alto inquinamento. Per l’appennino sarebbe una boccata di ossigeno provvidenziale che consentirebbe il mantenimento di servizi pubblici e privati (bar, negozi, ristoranti, alberghi, banche, asili, scuole,…) in appennino, aiuterebbe a crearne di nuovi e darebbe una spinta propulsiva all’economia locale e, in particolare, a quella del crinale. In ogni caso sarebbe davvero il segnale di una forte volontà politica di riequilibrio del territorio.
Per quale motivo l’Assessorato regionale alla montagna deve stare a Bologna e non a Vetto, Villa Minozzo o Ventasso? La stessa domanda vale per tutte (e sono tante) le strutture, enti, istituti, laboratori,.. regionali insediati a Bologna o lungo l’asse (notoriamente molto affollato e inquinato,…) della via Emilia.
L’ente che ha le competenze di programmazione territoriale è la Regione ed è lei che ha il dovere di “riequilibrare” il territorio togliendo a chi ha troppo per trasferirlo a chi non ha nulla!”.
I nostri politici e amministratori appaiono distratti o forse rassegnati e incapaci di vedere il destino dei nostri figli e nipoti.
Chi programma lo sviluppo, non intervenendo, continua a incrementare ricchezza e inquinamento lungo l’asse della via Emilia lasciando, di fatto, all’appennino il ruolo di cenerentola/fornitore di acqua, aria e verde al servizio della pianura.
Nessuno sembra rendersi conto che è suonata la campana dell’ultimo giro.
Caro Presidente Bonaccini,
come regalo di Natale decentri nei Comuni del nostro crinale alcune delle attività e servizi come prevede la legge sulla montagna: la sorte di questi territori nei prossimi decenni è la desertificazione del capitale umano con tutte le ripercussioni di questo tsunami sul piano economico, sociale ed ambientale.
Le auguro un Buon Natale.
Giuseppe Bonacini
bonacini46@gmail.com
Reggio Emilia 24 Dicembre 2023
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