Il Lavoro pubblico va condiviso.

Cosa di intende per "diritto al lavoro"? E quanto è oggi garantito in  Italia?


Nel sito della Regione Emilia Romagna (Amministrazione trasparente) sono elencati 50 enti vigilati, 17 società partecipate e 70 enti di diritto privato controllati dalla Regione stessa:

https://trasparenza.regione.emilia-romagna.it/enti-controllati

Tralasciando le AUSL, gli Ambiti di caccia, le IPAB, Parchi, Ospedali ed enti simili restano un numero significativo di società regionali, fondazioni, istituti (dalla Agenzia regionale per il lavoro a quella per la sicurezza territoriale, all’APT, all’Arpae, all’Atersir,,,) a numerose fondazioni (Vittime di reati, Trasporti e Logistica, Ebraismo e Shoah, Scuola di Polizia Locale,..), Istituto Trasporti e Appalti, Agenzia sviluppo mercati telematici, Lepida,…). Queste società sono quasi tutte localizzate a Bologna,  hanno dipendenti (spesso parecchi) e generano un indotto rilevante lungo l’asta della Via Emilia che è tra le più inquinate e trafficate d’Europa con ricadute sulla salute (la UE calcola 60.000 decessi annui in Italia per malattie respiratorie gran parte dei quali nella Pianura padana).

Nel nostro Appennino, al contrario, aria, acqua, ambiente, parcheggi, silenzio, verde e tranquillità sono ai vertici della qualità. Purtroppo, manca il lavoro. Gli indicatori demografici denunciano da tempo l’allarme spopolamento e, ogni anno, i numeri peggiorano trascinandosi dietro, in una drammatica spirale, servizi essenziali pubblici e privati che non reggono al crollo demografico. Il punto di non ritorno, in particolare, nel crinale, è stato superato ma, al di là di generiche denunce, non si vedono iniziative e soluzioni efficaci in un desolante “laissez faire” da parte di tutte le istituzioni pubbliche.

In questo quadro l’unica soluzione concreta e rapida è il “trapianto di lavoro” spostando in appennino alcuni degli enti regionali citati con l’aggiunta dell’Assessorato alla montagna che non ha ragione di essere localizzato a Bologna.

Ce lo impongono l’art. 1 insieme agli articoli  4, 41 e 44 della Costituzione. Il decentramento di attività e servizi regionali, peraltro, è previsto dall’art. 14 della “Legge sulla Montagna” n. 97/94 (Il CIPE e le regioni emanano direttive di indirizzo tendenti a sollecitare e vincolare la pubblica  amministrazione  a  decentrare nei   comuni   montani   attività  e   servizi  dei  quali  non  è indispensabile la presenza in aree metropolitane, quali  istituti  di ricerca,  laboratori,  università,  musei, infrastrutture culturali, ricreative e  sportive,  ospedali  specializzati,  case  di  cure  ed assistenza, disponendo gli stanziamenti finanziari necessari).

Una norma rivoluzionaria e in perfetta sintonia con gli articoli della Costituzione appena segnalati ma del tutto disattesa. La spiegazione plausibile e amara è del grande demografo Antonio Golini che invitai come relatore al primo convegno sulla demografia in appennino nel 2001 a Marola (RE). Nel suo saggio “Il malessere demografico in Italia” Golini scrive: “Il malessere demografico dei piccoli comuni montani potrebbe essere visto come un modo indolore di razionalizzare insediamenti di popolazioni…oramai considerati non più sostenibili dal punto di vista della organizzazione del territorio. Infatti, la loro rivitalizzazione socioeconomica, richiederebbe investimenti produttivi e/o infrastrutturali troppo onerosi e poco accettabili dalla corrente sensibilità ambientalista. In questa ipotesi si potrebbe attribuire al ‘laissez faire’ delle autorità centrali e locali precisi – anche se non consapevoli e non sempre auspicabili – significati e obiettivi”.

Questa appare l’unica spiegazione al silenzio tombale di Parlamentari nazionali e regionali e delle Autorità locali su questo tema. Fa un certo effetto leggere le notizie di stampa sul bilancio di previsione 2024 del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano che snocciolano progetti per 10 milioni di € di trasferimenti ministeriali (con possibilità di arrivare a 15/18 con altri introiti) per una nutrita mole di interventi che guardano al presente e alla sostenibilità futura come Life Claw (per la protezione del gambero d’acqua dolce), Life Bee Adapt (tutela degli impollinatori). Il Parco svolge, bene, il suo ruolo: peccato non possa occuparsi anche della tutela e protezione del patrimonio umano che sta scomparendo.

Giuseppe Bonacini                    08/04/2024

Commenti